articolo pubblicato su Salento Review numero Tre | Anno Quinto
Quasi due mesi di cammino, quattro nazioni europee attraversate, e circa un milione e ottocentomila passi in totale. Questi sono i dati dello straordinario viaggio a piedi che mi ha portato ad attraversare mezza Europa, da Parigi a Berlino, insieme all’associazione Repubblica Nomade. La Repubblica Nomade nasce da un’idea di Antonio Moresco celebre scrittore italiano che ha percorso l’intero cammino insieme a me e a un gruppo di scrittori e collaboratori del Il Primo Amore, uno dei più importanti siti dedicati alla letteratura italiana.
Tutto inizia circa sette anni fa, quando Antonio decide di stilare un vero e proprio manifesto, in cui invita scrittori e aspiranti tali a mettersi in cammino per un lungo viaggio a piedi, invocando la necessità di abbandonare scrivanie e comode poltrone per compiere gesti rivoluzionari. Da lì parte un movimento, e sorge una tribù, che ogni anno si mette in cammino per settimane con uno scopo e una missione ben precisa. Anche quest’anno è stato così. Già mesi prima della partenza Moresco aveva redatto un documento dal titolo: “Per gli Stati Uniti d’Europa, ma di un’altra Europa”, ispirato al celebre Manifesto di Ventotene, scritto da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi nel 1941, in cui i due intellettuali fanno un lucido bilancio sul nostro continente messo in ginocchio da due atroci guerre mondiali. Spinelli e Rossi cercano di indicare la strada per il raggiungimento di un traguardo ambizioso: una federazione europea, degli Stati Uniti d’Europa. Lo fanno attraverso un’attenta analisi economica e sociale, ma soprattutto attraverso un bellissimo messaggio di pace e libertà. Ed è questo il messaggio che abbiamo portato in giro per l’Europa dal 21 maggio fino all’8 di luglio (le date simboliche di inizio e fine viaggio).
Insieme a questo gruppo di intellettuali in cammino si sono uniti al viaggio tanti amanti dell’escursionismo e dell’esplorazione, ma anche disoccupati, pensionati, e persone in cerca di una strada da seguire. Proprio come me. Siamo partiti da Parigi in trentacinque e abbiamo raggiunto la Porta di Brandeburgo di Berlino, tappa finale tanto agognata, che eravamo circa quaranta persone. Ma la composizione del gruppo è stata piuttosto varia e alternata: dopo una decina di giorni dalla partenza, molti viandanti si sono fermati per necessità varie, altri hanno percorso tappe intermedie, altri ancora ci hanno raggiunto solo verso la fine del cammino.
Ma a compiere l’intero viaggio, ambizioso, estremo, a tratti molto impervio, siamo stati solo in undici. Undici volti che non potrò mai dimenticare. Undici viaggiatori che si sono messi in gioco e sono andati fino in fondo, creando i presupposti per una trasformazione personale ma condivisa. Quando si è in cammino le priorità cambiano, ogni momento è momento di vita: una parola gentile, un sorriso reale, un gesto romantico, un saggio suggerimento, una risata a squarciagola assumono una veste diversa, diventano essenziali e imprescindibili.
Nulla rimane scontato e tutto impresso negli occhi, così come le sterminate distese di avena, di orzo, in Francia del Nord, le birre trappiste del Belgio, le distese di campi di patate in Olanda, i boschi della Germania dell’Ovest e quel sottile confine quasi invisibile che la divide ancora dalla Germania dell’Est. Non abbiamo attraversato vie sacre, o un percorso predefinito e già collaudato. Non me ne vogliano il Cammino di Santiago o la via Francigena, ma non avere un itinerario certo e prestabilito ha reso il viaggio una vera impresa eroica. Ogni sera a fine tappa e dopo cena, con quel po’ di energia che rimaneva in corpo dopo tappe anche di quaranta chilometri a piedi, un gruppetto di volontari studiava il tragitto per il giorno dopo. L’unica certezza e obiettivo che avevamo sulla strada erano le tappe finali, paesi e città dove la Repubblica Nomade, durante i mesi precedenti al viaggio, era riuscita a trovare accoglienza tra i sindaci, le fondazioni, gli istituti scolastici e le associazioni. E per questo motivo che quasi per due mesi abbiamo dormito per terra, su materassini da campeggio o da palestra, dove a volte era davvero difficile trovare pace e riposo alle fatiche del giorno.
Una cosa è certa però: i dolori fisici dopo una decina di giorni che si è in viaggio, spariscono, all’improvviso. Fidatevi. Mettersi in cammino può alleviare molti pesi, sollevare veli e ombre, e permettere a un benessere psicofisico di diffondersi gradualmente. Allora davvero ti rendi conto che la felicità è una cosa semplice, la felicità è dietro ogni passo, e la vita dovrebbe sempre essere così: nomade! Le radici sono importanti, ed è importante avere un luogo, una casa dove poter tornare. Ma quando sei in cammino ti rendi conto che la casa la porti con te sempre e dovunque. E’ semplicemente dentro di te. Non è stato facile per me unica rappresentante del Sud Italia, intraprendere questo viaggio con un gruppo di sconosciuti in giro per il nord Europa. Erano tante le paure quando son partita. Ma man mano tutti i timori sono venuti meno, ed è arrivato a farmi compagnia un altro stato d’animo, fatto di stupore e meraviglia. Ho iniziato ad essere grata per tutte le scoperte fatte ogni giorno, e per i doni ricevuti lungo il cammino. Boschi e foreste fatate, pranzi a sacco su prati verdissimi, nuvole dalle forme incredibili, alberi di faggio dalle radici grandi quanto una stanza, e tanta umanità nuova e diversa. Anche quando abbiamo attraversato le periferie industrializzate più buie d’Europa, sono avvenute le sorprese. Non scorderò mai quattro fratellini francesi intenti a giocare in un campo di calcio proprio sotto una delle centrali nucleari più grandi del loro paese. Il più piccolo aveva sei anni e la più grande dodici. Proprio lì, mentre i fumi bianchi della centrale si alzavano, ho trascorso con loro uno dei pomeriggi più intensi e teneri di tutto il viaggio. Una volta arrivato il buio e il loro papà pronto a portarli a casa, uno dei quattro fratellini ha tirato fuori dallo zaino un foglio di carta con una poesia scritta con l’inchiostro rosso. Una poesia d’amore per me in un una delle periferie più funeste d’Europa. E’ stato questo il mio cammino per gli Stati Uniti d’Europa: la pace e la poesia in ogni passo.