È da mesi che non scrivo sul blog. Ultimamente visti i tempi, è sempre più difficile trovare le parole giuste, dosarle, misurarle, darle peso. Sembra che tutto quello che si pronunci e si scriva perda valore una volta fuori, per quello che sta accadendo intorno a noi. Mai mi sarei immaginata di attraversare una pandemia. La stessa parola pandemia prima di marzo l’avrò sentita si e no cinque volte in croce nella mia vita. Forse pronunciata alle superiori dalla professoressa di storia e forse anche dalla professoressa di chimica. Ma questa è tutt’altra storia, e io invece ne voglio raccontare un’altra. Una storia piccola, ma immensa. Sarò concisa, e andrò subito al nocciolo della questione che è: il camminare ci salverà, e ne ho sempre di più le prove! Già in tempi non sospetti è stato il motto di questo blog, il claim sul quale tutto si è basato.
È successo due mesi fa circa, quando abbiamo portato per la terza edizione in Salento il festival Itaca. Un’edizione che non sapevamo nemmeno se si sarebbe fatta per tutta l’incertezza che regnava intorno. Ma andiamo dritti al punto… non farò nomi, e non citerò luoghi perché a volte davvero non serve. È una storia di perdono, di pace, di riconciliazione. Una storia che in realtà potrebbe ambientarsi in tutti i luoghi del mondo e in ciascuno di noi. Perché in ogni cuore regna prima o poi un conflitto, una guerra. Ma non in tutti poi successivamente rifiorisce la pace. Ecco, diciamo che non è assolutamente una consecuzione. Anzi, ci sono individui che non riescono più a trovare il bandolo della matassa e distruggono la propria felicità e quella degli altri perché non riescono più a non odiare.
Ecco, durante una delle tre giornate del festival, mi sono ritrovata a camminare affianco ad una donna, che non aveva uno zaino con sé quel giorno, ma aveva un bel peso nel cuore. Un peso che stava lì dentro di lei da quasi tre anni. Non l’avrei mai detto, perché dall’esterno nulla c’è dato sapere. Quel giorno il cammino è stato duro e faticoso, perché oltre ad affrontare la tappa più lunga di circa 23 km, ci siamo ritrovati a camminare contro raffiche di scirocco a 90km orari. Nonostante le difficoltà meteo, il gruppo ha retto botta… ma soprattutto l’umore è sempre stato alto, e quindi un’energia molto bella ci ha fatto compagnia per tutto il percorso. Sono alchimie strane, che nonostante gli ostacoli e le difficoltà esterne, non riesco ancora a spiegarmi come possano accadere. Penso sempre a come sia magico che un gruppo di sconosciuti in cammino da poche ore insieme possa costruire in pochissimo tempo una dimensione parallela in cui sentirsi al sicuro e nel posto giusto. Non accade sempre con tutti i gruppi in cammino, ma quando accade, è davvero speciale.
Forse sarà stato anche questo tipo di contesto a far fiorire il fiore della pace nella donna protagonista della mia storia. Avrà sicuramente preparato il terreno. Quel sentirsi leggera, apposto, nella natura, con degli sconosciuti diventati dei buoni compagni. E con il suo fidanzato che le stringeva la mano molto spesso in cammino. Si, ho dimenticato questo particolare importante. C’era anche il suo uomo che per tutto il percorso la guardava sempre con il sorriso sulle labbra. Insomma una donna circondata in quel momento da bellissime energie che si muovevano intorno a lei. Succede che (scusate arrivo al punto) la tappa finale del percorso e della giornata era stata prevista in un palazzo molto importante del nostro territorio in un piccolo borgo, con visita guidata del palazzo e dei monumenti adiacenti. Uno dei monumenti sorgeva affianco alla porta e campanello della casa del padre della nostra donna. E fin qui nulla di così straordinario, ma una semplice coincidenza il fatto che lei avesse camminato per tanti chilometri a piedi e si fosse trovata per caso davanti la porta di casa di un genitore. Aggiungo un particolare però: la nostra donna non aveva letto il programma della giornata escursionistica nel particolare. Eravamo vicine e camminavamo insieme quando siamo arrivate nel luogo ultimo della nostra giornata insieme, e ha sussultato: “vedi dove siamo arrivati, proprio qui davanti”. Davanti a lei il cancello del padre che non vedeva e sentiva più nemmeno telefonicamente da almeno tre anni. Il padre l’aveva mandata via di casa senza un vero motivo tre anni prima in una notte di gelo invernale. Non nevica quasi mai in Salento, quella notte invece nevicò. Lei non aveva mai più scordato quel freddo assurdo nel cuore. E non l’ha mai perdonato, fino a quel giorno. Proprio così. Finché, infatti, non si è staccata dal gruppo durante la nostra visita guidata, e non è scappata a suonare a quel citofono. Ho scordato un altro particolare… era anche il giorno del compleanno di suo padre. Tra tutte le piazze del Salento, siamo arrivati proprio in quella dove abitava suo padre e nel giorno del suo compleanno. L’uomo ha aperto la porta, e non è riuscito a credere ai suoi occhi. Mai se lo sarebbe aspettato di vedere sua figlia lì davanti a lui. Tramortito, basito, ha ascoltato quelle parole: “ciao papà, buon compleanno”.
Lei, mezz’ora dopo, in disparte mi ha poi raccontato tutto quello che era accaduto e di quegli istanti, che sono durati una vita intera. Anche di quella neve che è scesa quell’ultima volta che si sono lasciati. Mi ha anche detto una cosa: “Se vorrai raccontare questa storia sul tuo blog, fallo, perché sicuramente quei passi così importanti li ho fatti anche grazie a questa giornata di cammino.” Ed eccomi qui a raccontarvela. Perché io stessa sulla mia pelle, tempo fa, ho provato quella voglia di perdono e di pace grazie al cammino. E ho capito benissimo le parole di quella splendida donna.
P.s. Ho scelto questa foto copertina per rappresentare il post perché mi immagino la pace come un giardino pieno di fiori.
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