Le scoperte nelle campagne di Giuggianello si sono susseguite una dietro l’altra, passo dopo passo. Lungo la strada che collega Giurdignano all’antico casale di Quattromacine, un’altra sorpresa ha interrotto il mio cammino: la presenza di un dolmen stabile. Nella mia vita, non mi era mai successo di incontrarne uno, prima di quel momento. Avevo da poco lasciato i Massi della Vecchia, e dopo neanche qualche chilometro, mi sono ritrovata davanti a questa testimonianza incredibile del passato. Il dolmen Stabile era lì, solitario, abbandonato, segnalato da un solo cartello.
Non si è mai conosciuto il suo uso, ed il perché sia stato costruito. Esso può aver avuto sia funzioni sepolcrali sia rituali. E’ molto probabile, però, che sia stato “in compagnia”, fino ad un certo punto della storia. Ciò è facilmente deducibile dal cimitero di altri dolmen, che ho osservato a pochi metri dal sito. Questo mucchio di macerie, composto da lastre ed enormi pietre, è stato sicuramente il frutto della volontà di contadini o proprietari terrieri locali, che per liberare il terreno agricolo, hanno pensato bene di distruggere i dolmen troppo ingombranti, e accatastarli infelicemente tutti insieme. Il dolmen stabile, che ho potuto ammirare, ha resistito a queste azioni distruttive.
Una volta allontanatami, e di nuovo in cammino, alcune domande mi hanno accompagnato per chilometri: perché quel dolmen si è salvato? Perché è stato lasciato lì da solo, e i suoi “compagni” sono stati distrutti? E’ probabile che abbia rappresentato, lungo i secoli, qualcosa di sacro ed intoccabile? Domande cui mai nessuno potrà rispondere.
Ho pensato poi a tutte le testimonianze storiche-architettoniche, che gli uomini del posto avevano lasciato come traccia della loro esistenza sin dall’epoca del Neolitico, e che sino a oggi, ho incontrato lungo la mia strada. Queste testimonianze, però, molte volte non hanno ricevuto le giuste attenzioni da parte degli uomini venuti dopo (ahimè in tutta Italia è così).
Lungo la via, ho ricordato anche i nostri nonni. Molti di essi sono stati commercianti di frutta e verdura, e realizzavano da soli i loro prodotti, pertanto la campagna era il loro “ufficio”. Quando si recavano a lavoro, lungo la strada, incontravano menhir, masserie, cappelle, frantoi ipogei, pagghiare ecc. Loro, invece di chiamare soprintendenze e tecnici, pensavano solo a coltivare il loro campo e a guardare il cielo, per interrogare l’orizzonte e chiedergli che tempo dovevano aspettarsi il giorno dopo. Queste erano le loro uniche preoccupazioni (un po’ li invidio), cioè creare un ciclo armonico e più sereno possibile con la natura, con la terra.
In Puglia negli ultimi tempi, molti di questi tesori del passato hanno ricevuto le dovute attenzioni, e alcuni di essi sono stati più fortunati, poiché hanno catalizzato studi e ricerche da parte del mondo accademico o di appassionati di storia, mettendo in moto una serie di meccanismi positivi. Altri invece hanno purtroppo ricevuto troppo interesse, subendo restauri e risanamenti disastrosi, che hanno compromesso per sempre l’estetica e l’essenza di alcune di queste bellezze architettoniche. Altri ancora, sono rimasti lì, dove sono sorti, per secoli e secoli, indifferenti agli eventi intorno, resistendo all’ignoranza e alla noncuranza delle popolazioni locali. Proprio com’è avvenuto per il nostro bel dolmen stabile di Giuggianello.
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